IN AUMENTO LE AGENZIE DI INVESTIGAZIONE

 numeri In Italia le aziende sono diventate più di tremila. Milano, Napoli e Roma le città con più presenza di detective

007 privati, raddoppiano le agenzie

Boom di genitori che chiedono di controllare i figli In arrivo il tesserino di riconoscimento per investigatori 

sotto l’alluvione, una cosa sola interessava agli imprenditori al telefono da Milano: trovare un detective, che girasse di negozio in negozio, e fornisse, di ciascuno, il livello dell’Arno. Se l’acqua era alta e la bottega allagata e danneggiata, non era il caso di inviare le merci ordinate, ché tanto non sarebbero state pagate.

Nel ’66 Alberto Paoletti aveva 21 anni. Se Paoletti lo cita, quest’episodio, è anche per far capire quanto i suoi colleghi, gli investigatori privati, si adattino ai tempi. In fondo, ce l’hanno nel sangue, la versatilità: a metà Ottocento, nel periodo considerato d’esordio per la professione, lavoravano al soldo dei proprietari terrieri. Segnalavano se i contadini oziavano, rubavano il frumento o lo rivendevano al mercato nero. E così adesso, a spiegare il boom delle società d’investigazione privata — duemila aziende, più un migliaio di liberi professionisti, negli ultimi 8 anni crescita del 55%, con variazioni in alcune città del 300%— ci sono una paura, un astio e un’ansia- psicosi da concorrenza tutti contemporanei.

Figli e mariti

La paura che i figli saltino la scuola, frequentino brutte compagnie, s’impasticchino. L’astio delle donne verso il marito dal quale si sono separate, marito che non versa, o non versa per intero, l’assegno di mantenimento. L’ansia-psicosi che il proprio direttore commerciale flirti con la concorrenza, che con soffiate comunichi agli altri le idee pubblicitarie bruciandole, che spifferi i buchi in bilancio.

I genitori vogliono sapere con chi sta il pargolo, in quali locali si ferma, se beve, compra droga; le signore se è vero che il lui un tempo amato è finito in bancarotta e dorme in auto, o ha un secondo lavoro, va al mare il weekend e regala il diamante alla fidanzata; i capitani d’industria se un dipendente è un sant’uomo o una serpe doppiogiochista.

L’esempio americano

I vecchi del settore raccontano che il detective come figura professionale, vera e autentica, l’abbiamo imparata dagli americani. Nei decenni dell’emigrazione, appena sbarcati a New York, gli investigatori locali ci pedinavano a ogni ingresso in bische, bettole e bordelli, ingressi naturalmente messi a rapporto e, l’indomani, consegnati ai padroni di fabbriche e cantieri che si trovavano in mano armi di ricatto e pretesti per licenziamenti in tronco tirando in ballo la dipendenza dalle bottiglie e la morale ballerina. Dopo un po’, ce ne accorgemmo, e per prender le misure e distanziare chi ci stava dietro, ne studiammo metodica e tecnica. Oggi la scuola nostrana è cresciuta. Specie nei numeri. Non ancora nella legislazione.

Genuario Pellegrino è il presidente della Federpol, la maggiore associazione di categoria in Italia. «Nel 1931 — dice Pellegrino — un regio decreto istituì la nostra professione. L’anno scorso, una circolare del ministero dell’Interno ha tolto il vincolo della provincia. Prima, un detective operava nella provincia in cui aveva la licenza, non oltre. Se in un pedinamento sconfinava, le prove raccolte potevano essere invalidate da un giudice. Ora, c’è libertà d’azione. A vantaggio del mestiere ».

Non solo pazienza

È un mestiere che accanto al classico modus operandi — seguire, aspettare, fotografare, con la pazienza del pescatore, l’occhio del cacciatore, l’istinto del centravanti—s’affina con l’aiuto della tecnologia. Ed ecco, per esempio, penne che registrano, bottoni della camicia che filmano, telecamerine piccole come il dito d’un pargolo. Quant’è datata l’icona del buon caro ispettore da film — citazione obbligata, il mitico Marlowe —: nel 2008, il detective frequenta corsi di fotografia, studia la legislazione e anzi spesso è laureato in Giurisprudenza, conosce le lingue e gira il mondo per partecipare a seminari e lezioni. E, soprattutto, non va più in solitaria, lui e la sua ombra: si appoggia a una squadra di collaboratori.

Collaboratori ventenni

I collaboratori, ormai, sono fondamentali per star dietro agli adolescenti. Impegnativi. «Non hanno un percorso classico, per dire un casa- ufficio-aperitivo-calcetto di un adulto—concordano gli investigatori — entrano in locali dove un quarantenne verrebbe smascherato in un attimo. Ci avvaliamo di ventenni con il viso giovane, che si inseriscono nelle compagnie, si guadagnano la fiducia del soggetto che a noi interessa, gli stanno dietro». Lo spiano.

Spiare. Questo è il verbo. E però, lo spiare è l’essere uno spione? Massimo Miori, veneto: «Mi creda: per un non addetto ai lavori, le corna, e il conseguente corredo di immagini e aneddoti boccacceschi, fanno ridere, divertire. Per me andare da una moglie e mostrarle foto compromettenti dell’amato beccato con un’amica, una collega, o un uomo, è sempre spiacevole».

Non è un caso che sul tema «corna » Miori citi le mogli, non i mariti. Sono le donne, sempre più, che si presentano in ufficio dai detective. E che pagano. Tanto. Ogni azienda fa da sé, non esiste un tariffario prestabilito. In media, un’ora di detective costa tra i 40 e i 70 euro. Escluse le spese, che sono tante, tra auto noleggiate—ogni giorno, una diversa —, i pranzi, gli aerei, le palestre, i ristoranti, i night, un soggiorno a Parigi o a New York, le saune, il parrucchiere —, insomma i luoghi dove il pedinato si reca. Privilegio elitario, l’assumere un detective? Per niente. «Qualcuno, piuttosto di rinunciare, si indebita ».

Tesserino in arrivo

Si guadagna, nel settore. Non ci piove. E infatti, le aziende crescono. Come crescono persone magari fuoriuscite da forze dell’ordine che si mettono in proprio. Per diventare detective, basta chiedere la licenza in Prefettura. Non c’è nessuna selezione all’ingresso. Mancano controlli dall’alto. Genuario Pellegrino rivela che, dopo la pausa agostana, salvo sorprese, verrà firmato dal capo di Stato Giorgio Napolitano un decreto che introdurrà modifiche nella categoria. Una su tutte: l’obbligatorietà di un tesserino, un badge, rilasciato dal Viminale, che nel contempo ha avviato un censimento per contare, con esattezza, gli operatori in Italia. Non è il massimo, chiaro. E però è già qualcosa. L’obiettivo vero è istituire l’obbligatorietà — per poter operare — di un praticantato di due anni in una società investigativa.

Qualcuno, tra i detective, vorrebbe che nascesse un albo, che la categoria mettesse recinti e paletti. Una tale esplosione numerica, preoccupa. Perché ha fatto proliferare gli operatori illegali, senza scrupoli, che intercettano, che violano le leggi, che si vendono. E perché ha esondato, invadendo il Sud, non certo bacino privilegiato, nella storia, degli investigatori, piuttosto ancorati per tradizione alle metropoli del Nord. Per numero totale di presenze, a leggere i dati della Camera di commercio di Milano, Napoli è al secondo posto, Bari al quinto, Catania al sesto, Foggia al settimo. Bari e Foggia: Rossacci, siete attivissimi in Puglia, vero? Guido Rossacci è di Lecce. E in Salento, di materiale umano ce n’è. Amanti, numerosi, che si imboscano nelle campagne tra gli olivi; e ragazzini-ragazzacci che fanno penare Rossacci: «Una fatica. Che si innesta su temi seri, pesanti, drammatici: dipendenza da droghe, vite rovinate…».

Controllo assenteismo

Vite in rovina anche davanti agli occhi di un altro detective del Sud, il napoletano Gaetano Bernieri. «Noi qui—dice—ci diamo parecchio da fare sull’assenteismo dal lavoro, sui finti invalidi, e parecchio sugli adolescenti che fin dalle medie marinano le lezioni e si perdono dietro ai delinquenti. Le corna? Be’, sì, chiaro, ci sono tutto l’anno». Sono una costante, le corna, lungo i dodici mesi. C’è un posto appena dove per tre stagioni restano sottotraccia e in una scoppiano: la Sardegna. Sentite Enrico Barisone, di Oristano: «Gente che s’inventa finti incidenti per mangiare sull’assicurazione: noi di questo, viviamo. Eccetto a luglio e agosto, quando nei villaggi turistici sbarcano mogli e figli, coi mariti rimasti in città a lavorare », e gli investigatori scrutano le signore, di spiaggia in spiaggia, per vedere se in infradito sono cotte dal sole o se han tradito cotte dalla passione.

 

Andrea Galli
10 agosto 2008

 


 

IN AUMENTO LE AGENZIE DI INVESTIGAZIONEultima modifica: 2008-08-11T16:03:00+02:00da ggiurata
Reposta per primo quest’articolo