L’ISPETTORATO DEL LAVORO MULTA L’A.S.L.

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L’ISPETTORATO provinciale del Lavoro ha comminato alla Asl 5 della Spezia una multa di quasi un milione di euro (2 miliardi di lire), sanzione causata dal presunto mancato rispetto da parte dell…
L’ISPETTORATO provinciale del Lavoro ha comminato alla Asl 5 della Spezia una multa di quasi un milione di euro (2 miliardi di lire), sanzione causata dal presunto mancato rispetto da parte dellAsl di alcune norme contenute in un decreto (n. 66 del 2003) che stabiliva limiti minimi inderogabili alla durata dei riposi giornalieri e settimanali dei lavoratori, che sarebbero stati «costretti» a una successione di turni che non assicurava loro almeno 11 ore di riposo tra l’uno e l’altro e almeno 24 ore continuative ogni 7 giorni. Le violazioni si riferirebbero esclusivamente al periodo 1°maggio 2004 -30 aprile 2005 e le sanzioni sono state notificate, oltrechè al direttore generale dottor Gianfranco Conzi, ai tre direttori del personale che si sono succeduti in quell’anno: il dottor Augusto Pessina, il dottor Giuseppe Carbone e la dottoressa Adele Priolo. E ai piani alti dell’Asl racconta la preoccupazione è grande e non solo per la vicenda in sé: la situazione relativa orari e turni di lavoro dal maggio 2005, pare infatti non sia cambiata. Per cui se l’Ispettorato deciderà di proseguire l’indagine anche per il periodo post 2005, e di arrivare sino a oggi, le sanzioni per l’Asl potrebbero, molto realisticamente, arrivare a un totale di 4-5 milioni di euro (8-10 miliardi di lire). E’ evidente che una tale sanzione metterebbe definitivamente in ginocchio la sanità spezzina che da molti anni vive già in situazioni di drammatica carenza di risorse. D’altro canto, non è la prima volta che le direzioni provinciali del lavoro colpiscono, durissime, le Asl per il mancato rispetto di questa legge.

IL PRIMO più eclatante caso si verificò nel maggio 2007 in provincia di Varese. L’ospedale di Busto Arsizio, con 3.300 dipendenti (quindi, grande quasi quanto gli ospedali spezzini) fu multato (dopo una serie di «sconti») di 15 milioni di euro (30 miliardi di lire); il tutto, a seguito di un solo esposto di un lavoratore. La Regione Lombardia sollecitò subito la commissione nazionale degli assessori regionali alla Sanità per agire sul ministero della Salute affinché emanasse provvedimenti di deroga a norme che si riteneva, considerate le pecularietà delle funzioni e dei turni nelle strutture sanitarie e la necessità di garantire a ogni costo la continuità del servizio, non potessero essere rispettate alla lettera dalle Asl (già in situazioni deficitarie di risorse umane e in fase di blocco di nuove assunzioni). Gli eventuali esborsi derivanti dalle sanzioni sarebbero stati poi del tutto esorbitanti e materialmente insostenibili dai bilanci annuali in un contesto di obbligatorio contenimento della spesa. L’iniziativa sortì qualche risultato. Maggioranza e minoranza (allora era in carica il Governo Prodi e il centrodestra stava all’opposizione) approvarono in Senato un ordine del giorno che «preso atto della carenza di personale che rende talvolta problematica le turnazioni secondo le modalità previste dalla normativa vigente, invita il Governo a verificare l’opportunità di modificare la normativa in materia di turnazione del personale sanitario».

QUESTO in un quadro di molte eccezioni: sono già previste apposite «deroghe», ai tempi standard di lavoro e riposo, tra gli altri, per la gente di mare e il personale di volo, i vigili del fuoco e i lavoratori della protezione civile, le forze armate e la polizia, il personale delle strutture giudiziarie e penitenziarie; la polizia municipale e provinciale, per chi opera negli organismi per l’ordine e la sicurezza pubblica, per chi lavora nella vigilanza privata; per gli addetti agli altiforni, al trasporto ferroviario, alle industrie stagionali alimentari, alle piattaforme petrolifere; per commessi viaggiatori e piazzisti, gli operai agricoli a tempo determinato, i concessionari dei servizi postali e autostradali, portuali e aeroportuali; per chi lavora nelle telecomunicazioni, nel gas, nell’elettricità, nel calore e per l’acqua, nello smaltimento dei rifiuti, nei servizi funebri e cimiteriali, negli impianti di distribuzione di carburanti, per il personale dei musei e delle biblioteche, lavoratori delle aree archeologiche e il personale non impiegatizio degli stabilimenti balneari marini, fluviali, lacuali e piscinali, i giornalisti e i poligrafici. Il mondo, insomma. Ma non gli operatori della sanità pubblica.

IL GOVERNO per bocca del sottosegretario alla Salute dichiarò di accogliere l’ordine del giorno. Poi il Governo Prodi cadde e non riuscì a provvedere. Vennero le elezioni. Il Governo Berlusconi, per iniziativa del ministro Brunetta, ha in breve tempo emanato un decreto legge (noto come Decreto antifannulloni che, tra altre cose, in un articolo modifica in maniera significativa le norme in questione, in particolare consentendo agli accordi sindacali nazionali e locali o aziendali, di derogare alla rigidità delle disposizioni di cui si parla. Tutto ciò, tuttavia, per quanto apra prospettive per il futuro, non risolve i problemi pregressi.

DETTO in altri termini, d’ora in avanti le Asl potranno probabilmente evitarsi le milionarie sanzioni degli Ispettorati attraverso accordi sindacali, ma le sanzioni originate dai comportamenti tenuti nei 4 anni trascorsi rimangono, allo stato, pesantissime «spade di Damocle» appese sulla testa delle già disastrate sanità cittadine e regionali. Dimenticavamo; dopo Varese e la Lombardia, anche il Veneto e il Piemonte e altri, oltrechè la Liguria, sono entrati o stanno entrando giorno dopo giorno nella bufera. In Liguria, in particolare, prima ancora che alla Spezia l’indagine è iniziata a Savona; risulta in corso nella provincia di Imperia e, caso che potrebbe alla fine risultare forse il più clamoroso tra tutti, in termini di dimensioni, dovrebbe interessare tra poco l’ospedale San Martino di Genova. Ebbene, quasi tutti i responsabili delle Asl sono riservatamente d’accordo: «Tutte le Asl sono nelle stesse condizioni. In Liguria e in tutta Italia. Tutte hanno inevitabilmente violato queste norme. E lo hanno fatto nell’arco di tutti questi anni. E lo continuano a fare». Se la macchina delle verifiche degli Ispettorati continuerà a macinare terreno i bilanci regionali della sanità insomma pare rischino questa volta davvero di «saltare». E, quel che appare paradossale, rischiano di saltare perché sono chiamati a pagare centinaia di milioni di euro di sanzioni allo Stato, per averne violato norme elastiche con moltissimi altri, ma (chissà perché; forse perché molto «tutelati») non con i sanitari. Quasi come se pronto soccorso, rianimazione, chirurgia, dialisi potessero «chiudere bottega», se lo dice il «cartellino», come, con tutto rispetto, una fabbrica di serramenti o una salumeria. A quello stesso Stato al quale il giorno dopo, con le Asl nel panico, le Regioni si rivolgeranno per chiedere i denari necessari per colmare la voragine finanziaria creata da queste stesse sanzioni. E’ o no una vicenda insieme preoccupante e assurda?

L’ISPETTORATO DEL LAVORO MULTA L’A.S.L.ultima modifica: 2008-08-09T16:05:00+02:00da ggiurata
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