ATTENZIONE : LAVORATORI DIPENDENTI

Immagine

 

 

Ho sempre avvisato i lavoratori del pericolo di inadempienza da parte del proprio datore di lavoro nella sua figura di sostituto di Imposta, e di come fosse possibile tutelarsi. Infatti a conferma di ciò:

Se il datore di lavoro non ha effettuato la trattenuta alla fonte il lavoratore è tenuto a pagare di nuovo l’Irpef sulla busta paga nonostante abbia ricevuto lo stipendio al netto delle imposte.
È quanto chiarito dalla Cassazione in una recente ordinanza Cass. ord. n. 12113/2017 del 16.05.2017.

Fate buon uso di questo Articolo

Fonte:  La Legge Per Tutti.  Pubblicato il 1 giugno 2017. “Lo sai che?”

 { Senza ritenuta alla fonte, il dipendente paga due volte le tasse }

Se il datore di lavoro non paga le tasse per conto del dipendente, attraverso il meccanismo della ritenuta alla fonte, sarà quest’ultimo a doverle pagare. Questo perché, per la legge, sia il sostituto d’imposta (ossia il datore di lavoro) che il sostituito (ossia il lavoratore) sono responsabili in solido in caso di mancato versamento delle imposte da parte del primo. E ciò vale anche per i redditi da lavoro dipendente. È quanto chiarito dalla Cassazione in una recente ordinanza [1] che non poche critiche potrebbe sollevare. Ma procediamo con ordine e vediamo perché, senza ritenuta alla fonte, il dipendente paga due volte le tasse.

Quando un dipendente, assunto presso un’azienda, riceve la propria busta paga, ottiene l’importo già al netto delle tasse. Queste infatti vengono trattenute dal datore di lavoro e da lui versate all’erario per conto del primo. È il cosiddetto meccanismo della ritenuta alla fonte. Potrebbe però capitare che, nonostante il versamento dello stipendio al lavoratore al netto delle imposte, il datore non completi poi i suoi impegni e non restituisca allo Stato le imposte trattenute sulle varie buste paga. È vero: l’illecito lo commette l’azienda (non avendo effettuato la ritenuta alla fonte); tuttavia – secondo l’interpretazione sposata sino ad oggi dalla Cassazione – il dipendente è responsabile in solido con il primo. In altre parole, l’Agenzia delle Entrate può richiedere a quest’ultimo il pagamento delle tasse benché abbia già ricevuto una busta paga decurtata degli importi dovuti al fisco a titolo di Irpef. Con una conseguenza abbastanza banale e discutibile: il dipendente viene così costretto a pagare due volte le tasse.

In materia esiste anche qualche precedente di segno contrario e più favorevole al sostituto d’imposta. Ma si tratta, per lo più, di tribunali di primo e secondo grado. Secondo tali interpretazioni, il dipendente è responsabile in solido con l’azienda per il mancato versamento d’imposta solo quando riceve la busta paga al lordo dell’Irpef, mentre quando gli importi accreditati sul conto sono già stati decurtati delle tasse allora non si avrebbe responsabilità in solido (leggi Ritenute non versate: che fare?). Come dicevamo, però, la Cassazione è più favorevole alla tesi opposta, che vede l’Agenzia delle Entrate legittimata a richiedere il pagamento dell’Irpef sui redditi di lavoro dipendente tanto al lavoratore quanto al suo datore.

Perché mai il lavoratore sarebbe costretto a pagare due volte le tasse, specie se per una colpa non propria? Secondo la giustificazione fornita dalla Suprema Corte, egli ha sempre la possibilità di rivalersi contro l’azienda e, facendole causa, chiedere la restituzione delle somme che ha dovuto versare allo Stato a titolo di imposte sul proprio reddito. Non si considera però che difficilmente – specie nelle piccole realtà imprenditoriali – il lavoratore inizia un contenzioso con chi lo ha assunto se non quando i rapporti tra le parti sono ormai pregiudicati e incancreniti.

Dunque, se l’azienda non paga le tasse per conto del dipendente perché, pur avendo eseguito la ritenuta alla fonte, non ha materialmente versato tali importi allo Stato (evidentemente incamerandoli per sé), a doverle versare è lo stesso lavoratore. Che così riceverà una busta paga due volte più bassa: la prima perché ha subìto la ritenuta alla fonte, la seconda perché ha dovuto anticipare il pagamento dell’Irpef al posto del proprio datore.

Il lavoratore dipendente può, in definitiva, essere chiamato dall’Agenzia delle entrate a pagare nuovamente le imposte sul suo reddito, se il datore di lavoro non versa all’Erario le ritenute effettuate [2].

note

[1] Cass. ord. n. 12113/2017 del 16.05.2017.

[2] Ciò perché l’obbligo di ritenuta del sostituto d’imposta (il datore di lavoro), di cui all’art. 64, co. 1, dpr. 600/1973, non esclude che anche il sostituito (lavoratore) debba ritenersi già originariamente obbligato solidale al pagamento dell’imposta e, quindi, soggetto ad accertamento e poi riscossione per le imposte poi effettivamente non versate dal sostituto, salvo il diritto di regresso.

Il Segretario Regionale dell’UNAL SARDEGNA 

 

OGGI COSA È CAMBIATO?

  Ricordando quanto nel mondo della Vigilanza è ripetitivo, attuale oggi giorno. Questa è una mia relazione riguardo alla situazione vigilanza in Sardegna. Lotte sindacali, amarezze e ogni tanto qualche vittoria e riconoscimento sui diritti acquisiti. Ditemi se onestamente riconoscete ancora oggi le stesse identiche problematiche, e a chi attribuirne la paternità. Questa è una delle mie tante lettere: Carissimo … Continua a leggere

OGNI TANTO CI RIPROVANO

      Ho sentito che le aziende non restituiscono la detassazione in quanto non c’è stato alcun accordo con i sindacati, messaggio che cammina anche su whatsapp. Con LEGGE 28 dicembre 2015, n. 208  le aziende, TUTTE, sono tenute a iscrivere nel modello unico (ex CUD) la restituzione delle somme irpef trattenute in busta paga. E’ la Agenzia dello stato che … Continua a leggere

VIGILANZA IN SARDEGNA

Immagine

unal-logo

Da più parti si continua a denunciare i soprusi che le GpG subiscono continuamente. Dai mancati riconoscimenti dei propri diritti al mancato rispetto della loro dignità di uomo e della propria famiglia.  Continue denunce indirizzate  ai datori di lavoro e alle istituzioni per la mancata sicurezza personale, del proprio posto di lavoro, per le mancate retribuzioni, per il mancato rispetto delle leggi e e del CCNL, per la mancata sensibilità e presenza  attiva da parte delle OO.SS. Mancanze che sfociano con gesti estremi.
Inoltre, al di là del gravissimo atteggiamento delle azienda, resta perennemente aperto il tema legato alle regole sugli appalti, dalla mancanza totale di norme che ne disciplinino la materia, norme anche regionali, norme atte a mettere al sicuro i lavoratori e gli stessi servizi offerti.
Una prima richiesta/proposta dell’ l’UNAL: “Guardando alla realtà della Sardegna avere quindi  una legge regionale che dia indirizzi certi sulle modalità di predisposizione delle gare d’appalto, con regole chiare e trasparenti che impongano il divieto assoluto di gare al massimo ribasso, che contemplino il costo del lavoratore e il giusto guadagno della azienda (tra un min. / max,), responsabilizzando Azienda e Committenza sul rispetto delle norme di legge, di contratto e di tutela della salute e sicurezza.”
Una seconda richiesta/proposta dell’ l’UNAL: : “Per eliminare una parte delle insolvenze delle aziende nei confronti dei loro lavoratori sarebbe auspicabile che il pagamento delle retribuzioni agli operatori avvenisse direttamente da parte delle committenze  senza dover attivare procedure burocratiche, lunghe e difficili, come le ingiunzioni di pagamento.”
Due semplici idee che se attuate darebbero una svolta decisiva all’intero comparto Vigilanza. Dando serenità nel mercato, la sicurezza di un futuro sereno per tutti i lavoratori, la garanzia di sopravvivenza alle singole Aziende: senza che queste ultime ricorrano a sotterfugi vari.
lo staff UNAL Regione Sardegna
Efisio Atzeni – Segretario Regionale UNAL per la Sardegna

 

CASSAZIONE LECITO REGISTRARE

Immagine

giustizia-3La registrazione può legittimamente essere acquisita al processo senza l’autorizzazione del GIP e rappresenta una forma di autotutela

 

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, nella sentenza n. 24288/2016 (qui sotto allegata). 

La registrazione di una conversazione da parte di una persona che vi partecipa attivamente o autorizzata ad assistervi, può essere acquisita legittimamente al processo e non necessita di un’autorizzazione da parte del GIP, poichè non si tratta di un’intercettazione in senso tecnico. 
 
Precisano i giudici, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessitano dell’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell’art. 267 c.p.p., in quanto non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono in una particolare forma di documentazione, che non è sottoposta alle limitazioni ed alle formalità proprie delle intercettazioni.
Al riguardo le Sezioni Unite hanno evidenziato che, in caso di registrazione di un colloquio ad opera di una delle persone che vi partecipi attivamente o che sia comunque ammessa ad assistervi, difettano la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la “terzietà” del captante. 
Pertanto, l’acquisizione al processo della registrazione dei colloquio può legittimamente avvenire attraverso il meccanismo di cui all’art. 234 c.p.p., comma 1, che qualifica documento tutto ciò che rappresenta fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo; il nastro contenente la registrazione non è altro che la documentazione fonografica dei colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente potrebbe non essere raggiunta e può rappresentare (si pensi appunto alla vittima di un’estorsione) una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l’effetto che una simile pratica finisce col ricevere una legittimazione costituzionale.
Tale provvedimento, infatti, rappresenta il “livello minimo di garanzie” richiamato in varie pronunce della Corte Costituzionale (sentenze n. 81 del 1993 e n. 281 del 1998) e al quale la giurisprudenza di legittimità ha fatto riferimento, in mancanza di una specifica normativa, sia in materia di acquisizione dei tabulati contenenti i dati identificativi delle comunicazioni telefoniche, sia in tema di videoriprese eseguite in luoghi non riconducibili al concetto di domicilio, ma meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 2 Cost., per la riservatezza delle attività che vi si compiono.
Nel caso di specie, la registrazione è stata effettuata dalla parte offesa su propria iniziativa e senza l’ausilio di strumentazione fornita dalla polizia giudiziaria, correttamente pertanto l’acquisizione al processo della registrazione del colloquio è avvenuta attraverso il meccanismo di cui all’art. 234 c.p.p., comma 1.
Diverso è, invece, il caso della registrazione eseguita da un privato, su indicazione della polizia giudiziaria ed avvalendosi dì strumenti da questa predisposti.
lo staff UNAL Sardegna
Efisio Atzeni Segretario Regionale UNAL – Sardegna 

Immagine

 

orfeo-pisu (1)

L’amministratore de La nuova Sicurvis seduto comodamente e tranquillamente dietro la scrivania.

Ricordate quando con orgoglio Orfeo Pisu, l’Amministratore Unico, dichiarava con pomposità di voler salvare la società! Quanti paroloni, quante promesse, mai mantenute!
UNAL SARDEGNA (Facebook)COMMENTA l’articolo UNAL SARDEGNA “LA PAURA FA 90 … ANZI 87
Vi invito rileggete tutti gli articoli promossi e le azioni fatte all’UNAL.Praticamente questo è il modo di Orfeo Pisu e company per assicurare il lavoro alle sue GpG.? Per 87 si intende le 87 GpG che erano soddisfatte di aspettare senza pretendere niente in cambio. E oggi vi lamentate?
Provate a guardare all’orizzonte: non vedete i nuvoloni di tempesta che stanno per  piombarvi addosso?
SVEGLIATEVI!  Uscite da questo vostro oblio! Non c’è sindacato che tenga che vi possa aiutare. Solo voi, potete difendervi, non demandate a nessuno la vostra dignità e sicurezza!
Mostrate dignità

Questo il testo di UNAL Sardegna (facebook):
Nuova Sicurvis srl :Ad oggi 30/11/2016 i dipendenti della N.S. non si sono ancora visti retribuire le mensilità di Settembre, Ottobre ed il rateo della quattordicesima mensilità così come previsto da precedente accordo sindacale ( Cgil Cisl Uil e Ugl ).
Con Novembre ormai terminato si terrà conto di un ulteriore stipendio a fondo che chissà quando e “se” i dipendenti andranno a percepire, senza poi parlare della Tredicesima mensilità che sarebbe stata una boccata d’aria per loro e rispettive famiglie ma che purtroppo non vedranno.
I 90 dipendenti vivono ormai da troppo tempo in una condizione di ansia e rassegnazione, facendosi carico delle molteplici problematiche aziendali..
Ci auguriamo per tutti loro che finisca quanto prima questa infinita agonia in quanto non più sostenibile

R.S.A.. UNAL Nuova Sicurvis   Stefano  Sinibaldi

EPILOGO

Immagine

unal logoquattro sigle

Dopo una sua pur breve visita in Cagliari,  Emanuele Venditti, presidente del Gruppo Secur Spa, ha tenuto smentire  alcune voci  non veritiere, mirate soprattutto a danneggiare la credibilità del Gruppo Secur Spa. Inoltre ha ribadito che è sempre stata ferma intenzione dell’Azienda Gruppo Secur Spa:

.  acquisire la ex Vigilanza Sardegna, (ora in affitto);.  dare  sicurezza e continuità lavorativa e tranquillizzare il personale operativo; .. inserirsi contestualmente nel tessuto del mercato Sardo, rafforzando la sua presenza.
A breve scadrà il contratto d’affitto sottoscritto tra il Tribunale Fallimentare di Cagliari e il Gruppo Secur spa; naturalmente quest’ultima avrà diritto di prelazione per l’acquisto della ex Vigilanza Sardegna.
Questa è una mia disamina personale, una mia breve nota:
  • la Vigilanza Sardegna Società Cooperativa nasce nel 1970;
  • ha acquisito una esperienza maturata in oltre quarant’anni di presenza capillare sul mercato;
  • la Vigilanza Sardegna l’unica società in Sardegna con sedi operative in tutte quattro le province
  • La Vigilanza Sardegna Società Cooperativa è nata dalla disperazione ed è morta nella disperazione.
  • Pochissimi si sono accorti che dall ‘atto della denuncia e della dichiarazione del Fallimento Vigilanza Sardegnaalcuni Istituti quali Ministero, Prefettura, Questura, si sono preoccupati  (in silenzio) di ridistribuire  i lavoratori e alcuni lavori onde attenuare l’effetto devastante che avrebbe prodotto il Fallimento della Vigilanza Sardegna sia sui lavoratori e sia sulla sicurezza delle utenze tra loro collegati. Soluzione attuata sopratutto del rispetto e della dignità del lavoratore. Sicuramente è stata una operazione lunga e sofferta.
  • Ora non rimarrà altro da fare che soddisfare i creditori, dar loro quanto gli spetta di diritto: una montagna di crediti tra  privilegiati e chirografati. Denari che si potranno avere solamente con la vendita dei beni solidi dell’azienda Vigilanza Sardegna, e del suo gruppo: sedi, terreni, mezzi, strumenti tecnici di lavoro, licenze, ecc.
  • Tenendo peraltro presente che l’atto di cessione riguarda solamente la Vigilanza Sardegna e non l’intero gruppo, come meglio specificato nell’atto dell’affitto firmato. Quindi  si salva una azienda, e le altre che fine faranno?
  • Sebbene il dr, Grazzini abbia stilato un elenco di creditori, a questi se ne sono aggiunti altri richiedenti il proprio inserimento nella parte creditoria.
  • Il mio sgomento nasce per la Nuova Sicurvis: Società  interamente di proprietà della Vigilanza Sardegna al 100%. Se per far fronte ai debiti creditori si dovesse vendere, come logico immaginare dato l’enorme credito risultante, anche la sede e i mezzi di questa società (N.S.), che di suo tra l’altro ha un proprio debito spropositato, quale fine faranno tutti i loro lavoratori? Il solo pensiero mi inorridisce.
  • Efisio ATZENI Segretario Regionale UNAL Sardegna

 

FESICA COPIA DAI SITI UNAL, SPACCIANDOLI COME PROPRI – da noi pubblicato in data 16 luglio

Citazione

UNAL        

Fesica copia dai siti Unal non citando la fonte e lo fa passare per suo, che delusione!
test

Fesica copia dai siti Unal non citando la fonte e lo fa passare per suo, che delusione!

Fonte;https://unalsardegna.wordpress.com/2016/10/20/fesica-copia-dai-siti-unal-spacciandoli-come-propri/

Questo è il post pubblicato da Unal in data 16 luglio 2016 e copiato e pubblicato in data 16 agosto da FESICA  https://fesicasegreterianazionaleguardiegiurate.wordpress.com/2016/08/16/rappresentativita-ed-annessi/

 

GUARDIE GIURATE: STIPENDI E PROBLEMI

Immagine

unal     EFISIO_LAV05

A cura del Segretario Regionale UNAL della Sardegna Efisio Atzeni (nella foto)

– Salari da 980 euro. – Indennità irrisorie. – Poche tutele. – Mancanza di formazione. Questa è la reale condizione degli agenti di vigilanza.

Controllano banche, supermercati. Piantonano siti sensibili, come ambasciate e tribunali, persino «installazioni militari», e si trovano agli ingressi dei Palazzi di Giustizia.
IN ITALIA ci sono 830 SOCIETÀ. Solo due delle 830 società di vigilanza private che operano in Italia danno lavoro a 45 mila guardie giurate, 20 mila delle quali sono impegnate nel pubblico. Esse sono la “All System” e la “Securpolice
In pratica le G.p.G. sono il sesto corpo di ordine pubblico italiano. Infatti: i carabinieri si aggirano sulle 105 mila unità, la polizia di Stato 100 mila, quella penitenziaria poco meno di 39 mila, la Guardia di finanza 60 mila e la Forestale 7.600.
Oggi con l’avvento del contratto che prevede il personale non armato nelle portinerie, il numero delle G.p.G. armate è sceso drasticamente.
«LE G.g.G. SONO CONSIDERATI MENO DI ZERO». Le condizioni di lavoro non sono cambiate. Precariato e turni di lavoro anche di 12 ore con stipendi irrisori restano.
Le G.p.G. sono incaricati di pubblico servizio, ma non sono considerati pubblici ufficiali. Una differenza non da poco. Visto che limita le mansioni all’esclusivo controllo. Le G.p.G. svolgono gli stessi compiti delle forze dell’ordine, ma non sono riconosciuti, di fatto ” Non sono né carne né pesce”.
INOLTRE I SINDACATI RAPPRESENTATIVI SONO INADEGUATI. Ogni società di vigilanza è controllata da questure e prefetture, però il loro contratto non è seguito dal Viminale, ma “dai sindacati, spesso coordinati da persone che non sanno nulla della professione e che prima facevano altri mestieri “. Le GpG esigono solo più sicurezza e più tutele, al pari delle forze dell’ordine. Per esempio, essere in servizio in due in pattuglia, mentre per contratto i vigilantes devono essere soli. Fare corsi di autodifesa, visto che l’uso dell’arma è solo una extrema ratio. Maggiore stabilità contrattuale. «Gli stipendi sono decisi a livello provinciale e non si vedono aumenti da anni».
Poi c’è il problema della Visita medica, nessun test specifico e l’uso del p. d’armi.
Le G.p.G. non devono superare alcun test psico-attitudinale. Sono sufficienti una visita dal medico curante e una alla Asl. Una volta assunti da una società, si frequenta un corso generico e poi vengono “sbattuti in strada”, a rischiare la vita.
Poi, per chi lavora presso luoghi pubblici è previsto UN CORSO AD HOC PER IL SERVIZIO PUBBLICO, come un tribunale, si frequentano corsi sul funzionamento del metal detector, antincendio e di primo soccorso. Più una infarinatura sulle leggi. Ma nulla di più.
Oggigiorno, un ripiego per molte persone rimaste senza lavoro e con la fame di lavoro che esiste, fare la guardia giurata è l’ultima spiaggia.

C’é da dire che la vita del vigilantes è tutt’altro che una pacchia. Con il nuovo contratto è stato inserito il sesto livello. In pratica si parte con una paga mensile che è inferiore ai 1.000 euro. Una miseria se si considerano i rischi che dipendono da città a città, da sito a sito. Così vengono riconosciute indennità particolari che quantificano qualunque rischio. Per esempio: < Rischiare di essere uccisi davanti a un tribunale vale al giorno 1,90 euro>, < stare sulla strada la notte vale 5,61 euro in più al giorno>. Questo è il valore che si è data alla VITA: pochi centesimi di euro.
Per non parlare poi degli gli straordinari e ironia per la domenica è prevista una indennità festiva di 0,71 euro al giorno.
E’ così che in questo scenario si inserisce il business delle società di vigilanza con turni massacranti e zero spese. La maggior parte di esse sono nate solo per fare business. Non si preoccupano dei dipendenti, anzi molti di loro vengono assunti per sei mesi e poi lasciati a casa.
L’azienda paga al dipendente solo ed esclusivamente la divisa. La pistola è a carico del lavoratore. Inoltre le macchine per le pattuglie poi quasi sempre sono in leasing, quindi scaricabili. La formazione, che sarebbe obbligatoria ogni due anni, molte volte è solo un optional. Le sette ore contrattuali, più una nel caso di turni da otto, spesso diventano addirittura 12. «Lavorano sottocosto» .
Per svolgere il lavoro a norma, senza problemi e permettere all’impresa di guadagnare, una guardia dovrebbe guadagnare dai 19 ai 20 euro l’ora. Ne prendono 5,86 lordi».

Poi anche con l’evento dei NEWORK e GLI APPALTI PRESI AL RIBASSO spesso i turni di lavoro vengono raddoppiati. Se una società deve coprire la sorveglianza di un sito per 24 ore spalma l’orario h24 su due vigilantes, che lavorano 12 ore, anziché su tre o quattro vigilantes. Così impiegando meno G.p.G. aumentano il loro guadagno, potendo così fare offerte inferiori per potersi aggiudicare un appalto.
Ecco spiegato il perché dei ribassi con cui vengono vinti gli appalti: «Lucrano sulle vite delle G.p.G.», e meno male che tutte le aziende hanno firmato e accettato un CCNL di categoria proprio per rispettare e valorizzare il lavoro delle G.p.G.!

Poi esistono le varie organizzazioni a cui si sono iscritte alcune Aziende del settore vigilanza, sono le Associazioni datoriali: U.N.I.V.  — A.S.S.I.V. e – A.N.I.V.I.P.  Esse sono le più grandi a cui si sono rivolte quasi 225 aziende su oltre 800 Istituti di vigilanza esistenti in Italia Quindi tutte e tre le associazioni ne rappresentano appena in percentuale il 28 %. Scopo primario di queste Organizzazioni è tutelare le Aziende iscritte e garantire che queste rispettino il CCNL di categoria. Basta leggere il loro Statuto. Ma realmente cosa fanno? <DORMONO>