Cassazione: se in ufficio naviga troppo su internet
il dipendente pubblico rischia la sospensione
Applicando questo principio, la Sesta sezione penale della Suprema Corte ha accolto il ricorso della Procura di Bari contro la revoca della sospensione dall’esercizio di pubblico servizio accordata a un dipendente del comune di Trani sorpreso a servirsi «del computer d’ufficio, cui era collegato un masterizzatore dvd, per uso personale usufruendo della rete informatica del comune». Sul pc usato in ufficio da Maurizio D.A. erano stati trovati circa diecmila documenti diversi dal materiale lavorativo, soprattutto materiale pornografico. In appello il Tribunale di Bari aveva revocato l’ordinanza di sospensione cui l’uomo era stato sottoposto sostenendo che «il reato di peculato tutela il patrimonio della Pubblica amministrazione e che questo non poteva essere depauperato da collegamenti al computer comunque sempre collegato alla rete elettrica e telefonica».
La Sesta sezione penale della Cassazione, invece, nella sentenza n. 20326, ha accolto il ricorso della Procura di Bari sottolinenato che con il reato di peculato non si offende solo il patrimonio dell’Ente pubblico ma «anche il buon andamento degli uffici della P.A. basato su un rapporto di fiducia e di lealtà col personale dipendente». I giudici ora dovranno rivalutare sia il rapporto di fiducia del dipendente sia i costi delle connessioni ad Internet e rete elettrica per verificare se effettivamente ci siano stati abusi.