Visita fiscale – Reperibilità fino al primo ed unico controllo medico

Scritto da Luciana Bandista   
venerdì 08 maggio 2009

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La Corte di Cassazione ribadisce un principio che riporta un pò di serenità in merito alle fasce di reperibilità durante la malattia, che tanto cruccio hanno destato nei dipendenti pubblici, discriminati rispetto a quelli privati e costretti a casa dalle 8,00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 20.00. Con due sentenze sull’argomento, la n. 1942/90 e la n. 4940/04, la Suprema Corte ha ribadito che l’obbligo di reperibilità nelle fasce stabilite vale fino a che il medico fiscale non abbia effettuato la propria visita ed accertato l’infermità, dopo di che stare a casa non è più obbligatorio.

Infatti con la sentenza del 2008 n. 1942/90 accertata la malattia il lavoratore è libero di uscire. Dopo la visita fiscale l’obbligo di reperibilità decade e non è più in essere. Purché ci si curi a dovere. Gli assenti per malattia possono uscire di casa dopo la visita del medico fiscale. Perché l’obbligo di reperibilità vale solo fino a quando non sia stato accertato lo stato di malattia. A dirlo nOn è il Ministero della Funzione Pubblica, ma la Suprema Corte di Cassazione, con una sentenza del 2008, che oggi torna di stretta attualità (1942/90). Il caso riguardava un lavoratore che era uscito dopo la visita fiscale e che era stato sanzionato dall’Inps, che riteneva di avere diritto a disporre un ulteriore controllo medico dopo la prima visita fiscale. Secondo l’ente previdenziale, infatti, il lavoratore in malattia, anche se debitamente accertata da un medico di controllo, sarebbe tenuto per tutta la durata della malattia stessa a rispettare le fasce orarie di reperibilità per consentire accertamenti sul permanere delle sue condizioni patologiche. Tesi, questa, che è stata rigettata totalmente dalla Corte di Cassazione, che per contro, ha affermato la piena facoltà del lavoratore assente per malattia di poter disporre liberamente del proprio diritto alla “locomozione”. A patto che il medico fiscale abbia già visitato l’interessato. Secondo i magistrati superiori, “la limitazione alla libertà di locomozione imposta dal regime delle cosiddette fasce orarie di reperibilità” assume carattere eccezionale. E quindi, una volta accertato lo stato di salute, ovvero la malattia del lavoratore, la persistenza dell’obbligo si tradurrebbe in una imposizione di un riposo orario forzato quotidiano, che potrebbe addirittura non essere compatibile o comunque non avrebbe ragione riguardo a determinate forme patologiche la cui terapia potrebbe richiedere, per esempio, l’allontanamento dal luogo abituale di residenza per località più consone alle condizioni patologiche del soggetto, come ad esempio nel caso di asma allergica. La limitazione potrebbe incidere sui criteri e i sui metodi di cura della malattia i tempi e i luoghi di essa. La Corte ha sottolineato, inoltre, che il legislatore ha inteso rendere meno gravose le limitazioni delle fasce orarie di reperibilità, disponendo che il servizio di controllo dello stato di malattia e gli accertamenti preliminari al controllo stesso siano fatte nel più breve tempo possibile, nello stesso giorno, anche se domenicale o festivo. Secondo la Suprema Corte , dunque, è evidente che il legislatore non ha voluto tutelare soltanto l’interesse del datore di lavoro al pronto accertamento della malattia, ma ha tenuto conto che non sempre uno stato morboso, che pur non rende idoneo il prestatore d’opera a determinati lavori, comporta necessariamente, per tutto il corso della malattia che egli rimanga nel suo domicilio o non svolga altre attività. Pertanto “accertato da competenti organi tecnici lo stato di malattia e formulato un giudizio prognostico”, si legge nel provvedimento, “il legislatore non poteva strutturare un meccanismo restrittivo estendendolo ad ipotesi successive assolutamente eventuali fondate sul sospetto di un errore diagnostico valutativo da parte del medico che abbia effettuato il controllo o di un comportamento simulatorio o fraudolento del lavoratore”. Insomma. vada per gli arresti domiciliari dalle 8.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 20.00. Ma solo fino a quando non arriva il medico fiscale. Dopo di che scatta la libertà vigilata. Vigilata nel senso che se l’ammalato non si cura, e ciò comporta un prolungamento della prognosi, può essere ipotizzabile addirittura una responsabilità per danno erariale, con tanto di condanna da parte della Corte dei Conti (sentenza n. 21/2008 del 21 aprile 2008, sezione giurisdizionale per la regione Trentino Alto-Adige). Quindi accertata la malattia il lavoratore è libero di uscire. L’individuo riacquista e si riappropria della sua libertà di movimento. Inoltre, sono stati, istruiti ricorsi giurisdizionali per palese incostituzionalità delle misure contenute nel D.L 112/2008, convertito nella Legge 133/2008 che attendono un esito.

Visita fiscale – Reperibilità fino al primo ed unico controllo medicoultima modifica: 2009-08-28T12:44:12+02:00da ggiurata
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