LAVORO NERO : CORTE DI CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 6964 del 14 marzo 2008

Lavoro nero sospetto: accertamento induttivo se sulle matrici di assegni compare la scritta «stipendio»

Per l’imprenditore non costituivano retribuzioni, ma solo restituzione di

Con sentenza del 14 marzo 2008, n. 6964, la sezione tributaria della suprema Corte di Cassazione ha stabilito che le matrici degli assegni ritrovate dalla Guardia di Finanza presso un’impresa e che riportano nella causale la voce “stipendio” fanno sospettare l’esistenza di lavoro nero e, quindi, giustificano l’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione finanziaria.

Fatto e diritto
Un imprenditore del settore edilizio aveva ricevuto un avviso di accertamento per omesso versamento delle ritenute Irpef per un anno d’imposta. L’infrazione era stata notificata dalla Guardia di Finanza in forza della quale l’amministrazione finanziaria aveva poi imputato al contribuente maggiori redditi relativi a ricavi non contabilizzati, risultanti da documentazione extracontabile, con particolare riferimento ai rinvenimento di matrici di assegni relative a somme ritenute corrisposte » in nero» ai lavoratori dipendenti.
L’imprenditore, allora, aveva impugnato l’atto impositivo ricorrendo alla Commissione tributaria provinciale e contestando i rilievi dell’Ufficio circa l’asserito pagamento delle retribuzioni in nero ed affermando che le matrici degli assegni erano relative a restituzione di «prestiti» di cui esso imprenditore si era in precedenza giovato. L’adita Commissione tributaria provinciale di Ancona accoglieva il ricorso.
La relativa decisione era stata poi confermata dalla Commissione tributaria regionale che rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate.
Contro tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha fatto ricorso alla Suprema Corte di Cassazione.
L’Agenzia delle Entrate, con il proposto ricorso per cassazione, denunciava l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata , nel punto relativo al contestato pagamento delle retribuzioni in nero ai dipendenti, in relazione al quale la stessa amministrazione era rimasta soccombente, avendo i giudici di merito ritenuta plausibile la giustificazione all’uopo fornita dal contribuente, secondo cui le somme portate dagli assegni non costituivano retribuzioni, ma solo restituzione di «prestiti» di cui esso imprenditore si era in precedenza giovato.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la sezione tributaria della Corte di Cassazione, “è noto che le somme percepite dai lavoratori si presumono corrisposte dal datore di lavoro a titolo di retribuzione, ciò che, nel caso in esame, è assai più provabile, dell’inverosimile tesi difensiva secondo cui si tratterebbe di prestiti elargiti dai medesimi lavoratori allo stesso datore di lavoro, non si sa bene a quale titolo, in quale misura ed in quale circostanza; sul punto le giustificazioni del contribuente sono solo generiche e vaghe”.
Per la Cassazione, il Collegio di legittimità dei giudici regionali, “omettendo di seguire canoni della comune logica e travisando precise disposizioni normative, non hanno correttamente valutato che il rinvenimento di una contabilità informale (costituita nel caso di specie da fogli volanti, matrici e assegni), costituiva indizio grave, preciso e concordante dell’esistenza di imponibili non riportati nella contabilità ufficiale, ciò che legittimava l’amministrazione finanziaria a procedere ad accertamento induttivo”.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’agenzia delle entrate e rigettato la sentenza a favore dell’imprenditore.

Suprema Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 6964 del 14 marzo 2008

LAVORO NERO : CORTE DI CASSAZIONEultima modifica: 2008-04-11T17:45:00+02:00da ggiurata
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