L’ACCERTAMENTO DEL DANNO

Lo psicologo forense e l’accertamento del danno psichico, esistenziale e morale
Articolo di Paolo Capri 05.07.2008

 

L’accertamento della preesistenza o meno di disturbi psichici rappresenta un punto importante delle indagini peritali – che rimanda agli aspetti specifici della metodologia da utilizzare – perché consente di verificare se vi siano o meno concause in riferimento al disturbo, come appunto eventualmente il trauma.

 

Lo psicologo forense: ruolo e competenze nell’accertamento del danno psichico, esistenziale e morale

Il punto di vista della psicologia forense 1

di Paolo Capri 2

Estratto dal convegno nazionale “Il Risarcimento del Danno Esistenziale e del Macrodanno – I punti di vista della Psicologia Forense e della Medicina Legale e Sociale sui quesiti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione” organizzato dall’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica il 17 giugno 2008 presso la Camera dei Deputati in Roma.

Freud definì come traumi “eventi in grado di provocare una eccitazione psichica tale da superare la capacità del soggetto di sostenerla o elaborarla”; da un punto di vista psicoanalitico causerebbero angoscia, paure generalizzate e dunque apparentemente immotivate e destabilizzanti, nonché ripiegamento e chiusura emotiva, fino ad arrivare a vissuti di rovina e morte. L’Io, per difendersi dall’attacco dell’angoscia, potrebbe attivare i meccanismi difensivi, nello specifico la rimozione, determinando però inevitabilmente sintomi nevrotici, che andrebbero poi a configurarsi come un vero e proprio disturbo dell’Io e della personalità.

Il concetto di danno biologico – da cui necessariamente si deve partire – comprende ogni modo d’essere e potenzialità dell’essere umano, comprese le manifestazioni dell’individuo riguardanti la sfera relazionale, la vita affettiva, la funzionalità cognitiva, la personalità nel suo insieme.

Partendo dal presupposto che il trauma associato ad un fatto illecito può produrre delle significative modificazioni della personalità, emerge all’evidenza la necessità di una descrizione e di un inquadramento di quello che viene definito Danno alla Persona, in tutti i suoi risvolti, ormai riconosciuto in numerose sentenze della Corte di Cassazione (n. 372/1994; n. 13340/1999; n. 4783/2001; n. 2546/20073).

Queste sentenze introducono decisamente un concetto allargato di danno psichico, comprendendo nel giudizio anche il danno morale e il danno esistenziale.

La difficoltà di distinguere clinicamente i vari danni subiti dalla persona a livello psichico consiste nella presenza di caratteristiche apparentemente simili; infatti, il danno psichico, il danno morale e il danno esistenziale spesso non trovano una loro adeguata collocazione all’interno della letteratura specializzata. Si osserva, in realtà, una difficoltà nel differenziare i sintomi e le sindromi che accompagnano tali problematiche, in quanto in molti casi si tratta di modificazioni quantitative, qualitative, di interpretazioni o di valutazioni che devono essere necessariamente analizzate caso per caso.

Infatti, è noto il concetto per cui ogni individuo reagisce in maniera diversa ai vari eventi della vita con i quali è costretto ad interagire e gli eventuali traumi causati da eventi esterni non necessariamente configurano lo stesso livello di problematicità.

A tal proposito sempre Freud (1895) scriveva che “qualsiasi esperienza che susciti una situazione penosa – quale la paura, l’ansia, la vergogna o il dolore fisico – può agire da trauma“, sottolineando dunque il carattere soggettivo e personale della risposta agli eventi traumatici della vita.

La descrizione che segue vuole essere una prima parziale modalità di affrontare la questione:

Danno psichico

Il danno psichico si differenzia dal danno fisico poiché non ha una manifestazione esteriore tangibile, in quanto riguardante la psiche e non il soma. Infatti, la lesione fisica lascia un segno evidente, mentre la lesione psichica non ha ripercussioni sul corpo del soggetto.

La menomazione psichica consiste nella riduzione, durevole e obiettiva, di una o più funzioni della psiche della persona al punto di impedire al danneggiato di attendere, del tutto o in parte, alle sue attività ordinarie di vita, intese come aspetti dinamico-relazionali comuni a tutti.

In modo estremamente schematico si può dire che il danno psichico si manifesta in una alterazione della integrità psichica, ovvero una modificazione qualitativa delle componenti primarie psichiche, come le funzioni mentali primarie, l’affettività, i meccanismi difensivi, il tono dell’umore, le pulsioni.

Per maggiore chiarezza, è bene rilevare ancora che il danno psichico costituisce, conseguentemente al trauma, una patologia della salute psichica dell’individuo, ovvero, in estrema sintesi, una infermità psichica.

Danno esistenziale

Invece, il danno esistenziale viene considerato come una modalità di manifestare sofferenze comportamentali, si determina in modificazioni della personalità e del modo di vivere la propria vita rispetto a quanto avveniva precedentemente al verificarsi dell’evento traumatico, determina un cambiamento di progettualità rispetto la propria esistenza e alle aspettative di realizzare i propri progetti di vita.

In altri termini, il danno esistenziale si presenta come una compromissione dell’espressione soggettiva della personalità4, modificando lo stile e la qualità della vita nell’ambito dei valori/interessi costituzionalmente protetti, inerenti i rapporti sociali, la famiglia, gli affetti, la libertà, il lavoro, in ottica relazionale ed emotiva.

Danno morale

Oltre al danno psichico e al danno esistenziale, la letteratura fa riferimento al danno morale;

La giurisprudenza parla di “sofferenza psichica”, in riferimento al danno morale, quale turbamento d’animo soggettivo e transeunte, conseguente al fatto illecito subito.

In questo caso sembra far riferimento ad uno stato di tristezza, prostrazione e dolore causato dal trauma, che non arriva ad alterare l’equilibrio interno dell’Io e le modalità di relazionarsi con l’esterno e non comporta una invalidità temporanea o permanente, in riferimento alle attività ordinarie della vita quotidiana.

Importante ci sembra sottolineare, a questo proposito, l’orientamento di qualche giudice di merito, il quale ha ritenuto che la sindrome depressiva causata (o anche solo concausata) dalla morte di un familiare costituisca un danno morale, nell’ipotesi in cui i disturbi non sono tali da determinare l’insorgenza di vere e proprie patologie psichiche.

Differenza fra danno psichico e danno morale

Volendo affrontare le differenze fra i vari danni subiti dalle persone, è bene rilevare che in primo luogo il danno psichico deve fondarsi su una psicopatologia, cioè su una alterazione patologica delle funzioni psichiche dell’individuo.

Contrariamente il danno morale non costituisce una vera e propria psicopatologia, è infatti fonte di sofferenza per chi subisce il danno, ma non altera in senso patologico le sue funzioni psichiche.

Il danno morale, non comporta una perdita o una riduzione di attività ordinarie della vita, ma solo una sensazione di dolore che non inficia la normale vita di relazione interna ed esterna.

Differenza tra danno morale e danno esistenziale

Per quanto riguarda, infine, il rapporto tra danno morale e danno esistenziale è possibile evidenziare una differenza sostanziale, ovvero mentre il danno morale si manifesta essenzialmente in un dolore transeunte, il danno esistenziale si determina in un “non essere, cioè in un non poter più condurre l’esistenza come in precedenza al danno.

Pertanto, il danno esistenziale è l’insorgere di una sorta di coazione ad agire, a comportarsi in modo “diverso da prima”, con conseguente alterazione dei normali ritmi di vita e modificazioni delle normali attività quotidiane soggettive, personali e relazionali, “comuni a tutti e non comuni a tutti”5, a discapito della serenità e degli equilibri raggiunti a livello di adattamento. L’alterazione riguarda, in questo caso, proprio i processi di adattamento alla vita quotidiana, con conseguenti difficoltà comportamentali e relazionali.

Conclusioni

Per valutare la presenza e la consistenza del Danno alla Persona, occorre un’analisi approfondita del soggetto, caso per caso, con aspetti metodologici che dovranno riguardare non soltanto i colloqui clinici, ma anche test di livello, di personalità e proiettivi6, analizzando eventuali modificazioni della personalità nel corso del tempo e in seguito a modificazioni indotte causate da eventi esterni.

Fondamentale, per questo tipo di valutazione, è il ruolo del CTU che deve accertare l’esistenza o meno, del trauma psichico, valutando se il danneggiato ha subito una compromissione, una menomazione, una riduzione della sua capacità di comprendere e di accettare la realtà, attraverso processi di adattamento non più equilibrati.

L’accertamento della preesistenza o meno di disturbi psichici rappresenta un punto importante delle indagini peritali – che rimanda agli aspetti specifici della metodologia da utilizzare – perché consente di verificare se vi siano o meno concause in riferimento al disturbo, come appunto eventualmente il trauma.

Il consulente tecnico deve descrivere il livello di integrazione sociale del soggetto in esame prima dell’evento “traumatizzante” e deve valutare il livello di compensazione e dei meccanismi di difesa messi in atto dopo l’evento e descrivere lo stato attuale dell’esaminato.

Dal momento che è difficile stabilire con certezza la connessione causale tra un certo fatto ed un disturbo psichico, è necessario che il consulente tecnico faccia una corretta diagnosi differenziale, attraverso l’analisi della struttura dell’Io e della sovrastruttura, per inquadrare i sintomi all’interno di fasi solo attuali – dunque post trauma – o di fasi precedenti.

Quanto riportato dimostra la complessità delle indagini peritali, per cui appare necessario riferirsi caso per caso senza generalizzazioni cliniche che porterebbero a semplificazioni non realmente utili per la comprensione di vicende così difficili e delicate; sarebbe inoltre preferibile, per tutte queste ragioni, che le operazioni peritali avessero carattere interdisciplinare, ovvero venissero affidate ad un collegio peritale composto da differenti figure professionali.

La psicologia forense appare, comunque, come la disciplina delle scienze umane ad avere le maggiori e specifiche competenze tecniche e concettuali per affrontare questo tipo accertamento e valutazione, soprattutto in riferimento al Danno Morale ed Esistenziale, dove le componenti dell’osservazione della personalità e del funzionamento psicologico appaiono dominanti, anche alla luce delle sentenze citate.

Competenze che rimandano allo studio della personalità, ai costrutti psicologici e alle definizioni, inquadrati anche nella legge istitutiva della professione di Psicologo. Tutto ciò al fine e nella speranza di ridurre e accorciare sempre di più la distanza fra le sofferenze interne di una persona e gli aspetti risarcitori, anche e soprattutto emotivi, attraverso valutazioni psicologiche e cliniche che possano almeno in parte colmare vuoti interni all’Io e lacune gravi del sistema giustizia, almeno in questo ambito, inteso anche come componenti medico-legali e psicologico-giuridiche.

L’obiettivo è dunque anche quello di cercare di colmare le lacune e ridurre le deficitarietà esistenti, attraverso una reale connotazione autonoma del Danno Esistenziale accertabile e quantificabile in sede di Consulenza Tecnica da chi da sempre si è occupato e si occupa di personalità, dalla Psicologia Forense.

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1 In parte pubblicato in Newsletter AIPG, n. 22, luglio-settembre 2005.

2 Psicologo, Psicoterapeuta, Presidente Associazione Italiana Psicologia Giuridica AIPG.

3 Cassazione Sezione III Civile Sent. n. 2546/2007, Risarcimento danni – Danno Esistenziale.

LA MASSIMA: “Il danno esistenziale, da intendersi come ogni pregiudizio oggettivamente accertabile che alteri le abitudini e gli assetti relazionali del danneggiato, inducendolo a scelte di vita diverse da quelle che avrebbe compiuto ove il fatto dannoso non si fosse verificato, non costituisce una voce né una componente del danno biologico o del danno morale, ma un autonomo titolo di danno, il cui riconoscimento non può prescindere da una specifica allegazione della parte”.

4 Attualmente, in seguito alla evoluzione degli studi e delle ricerche condotte, la personalità viene definita come l’organizzazione dinamica degli aspetti cognitivi (intellettivi), affettivi e conativi (pulsionali e volitivi), fisiologici e morfologici dell’individuo. Vi sono comprese la tendenza istintiva, il temperamento e il carattere.

Generalmente al termine personalità è attribuito un significato molto vasto, che come abbiamo visto si estende a tutte le caratteristiche psichiche e morfo-fisiologiche. Così, ad esempio, gli autori riassumono la definizione di personalità: a) complesso di funzioni organiche che si rilevano nella costituzione; b) disposizioni che comprendono: tendenze, inclinazioni, affetti, e le funzioni variamente descritte come proprie dell’Io; c) sentimenti superiori delle funzioni intellettive e volitive.

Più frequentemente però, la “personalità” si restringe ad indicare solo alcune caratteristiche psichiche. Jaspers, ad esempio, definisce la personalità “il tutto del complesso dei rapporti comprensibili della vita psichica che sono individualmente differenti e caratteristici“. Questo concetto è strettamente legato a ciò che Jaspers denomina “coscienza della personalità“, ovvero consapevolezza del proprio schema storico e delle proprie caratteristiche psichiche singolari. Vi sono escluse: le caratteristiche morfofisiologiche, le doti, le capacità intellettuali.

5 Si intende per “comuni a tutti” gli aspetti dinamico-relazionali tipici umani (guidare l’auto, camminare, alimentarsi, ecc.), per “non comuni a tutti” gli aspetti dinamici relazionali qualitativi dello stra-ordinario individuale (qualità degli affetti, della famiglia, delle attività sociali e culturali, ecc.).

6 Linee Guida utilizzazione test psicologici in ambito forense, Ordine degli Psicologi del Lazio.

 

L’ACCERTAMENTO DEL DANNOultima modifica: 2008-07-05T08:20:00+02:00da ggiurata
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